Published On: Novembre 3rd, 2025
Cyberdialogo: costruire un linguaggio comune tra sicurezza e board

 

Nella maggior parte delle aziende, il rischio cyber è ancora percepito come una questione prettamente tecnica, legata a un potenziale “disservizio”. Tuttavia, le rilevanti conseguenze economiche e reputazionali di un incidente informatico lo rendono oggi un tema centrale di governance e di sostenibilità del business. La mancata consapevolezza o, peggio, la sottovalutazione del rischio cyber espone le imprese a impatti economici che vanno ben oltre i costi di ripristino: parliamo di interruzioni operative, perdita di clienti, sanzioni regolamentari, danni reputazionali e riduzione del valore aziendale.

 

L’importanza di cambiare il linguaggio

Uno dei principali ostacoli nel portare la cybersecurity ai livelli decisionali più alti è il linguaggio: troppo spesso si parla di “vulnerabilità”, “patch”, o “incident response”, quando al board servono invece indicatori economici di rischio.

Occorre quindi passare da una visione meramente tecnica a una visione finanziaria e strategica del rischio cyber, in cui il costo della mancata governance e protezione sia espresso in termini di perdita attesa, probabilità di evento, impatto economico, e ROI degli investimenti in sicurezza.

 

Cyber Risk Quantification

Il tema diventa quindi quello di integrare strumenti e modelli – come il FAIR (Factor Analysis of Information Risk) – che oggi consentono di quantificare in modo strutturato il rischio cyber di un azienda, traducendo gli scenari di minaccia del contesto digitale attuale in valore economico atteso.

Attraverso un approccio quantitativo, il modello FAIR permette di:

  • stimare il costo potenziale di un incidente,
  • identificare le aree di maggiore esposizione,
  • supportare decisioni di investimento basate su un’analisi costi-benefici.

Queste metodologie consentono di trasformare la risk analysis da esercizio qualitativo a processo quantitativo, rigoroso e basato su evidenze numeriche, aprendo così un dialogo concreto con il CFO e l’Amministratore Delegato.

In questo modo, il rischio cyber viene valutato attraverso una metrica comune, che permette di considerare la cybersecurity non più come un costo IT, ma come una leva strategica di mitigazione del rischio aziendale.

Il ROI della sicurezza: investire oggi per evitare perdite domani.

Misurare il ROI della cybersecurity significa calcolare quanto un investimento in prevenzione riduca la probabilità e l’impatto economico di un evento avverso. Ad esempio, allocare budget per migliorare i controlli di accesso o la formazione del personale può evitare incidenti con conseguenti perdite milionarie.

In termini semplici: ogni euro investito in sicurezza può tradursi in diversi euro risparmiati in costi evitati (fermi produttivi, contenziosi, perdita di fiducia del mercato).

 

ROSI: trasformare la sicurezza in valore

Parlare di ROI della sicurezza significa superare l’idea che la cybersecurity sia un costo tecnico e iniziare a considerarla un investimento strategico nella continuità e nella competitività dell’impresa. Per quantificarlo in modo più preciso, si può fare riferimento al concetto di Return on Security Investment (ROSI), ossia l’indicatore che misura il rapporto tra il beneficio economico generato dalle misure di sicurezza e il loro costo complessivo di implementazione.

In termini semplici, il ROSI permette di stimare quanto un investimento in cybersecurity riduca la probabilità o l’impatto economico di un incidente informatico, traducendo la sicurezza in numeri comprensibili per il board e per la direzione finanziaria.

Questa logica si integra perfettamente con modelli quantitativi come il FAIR, che consentono di stimare il valore economico delle perdite evitate e di confrontare diverse opzioni di investimento sulla base del rischio residuo.

Adottare la prospettiva del ROSI significa parlare la lingua del business, trasformando la cybersecurity da centro di costo a leva di creazione di valore.

Investire oggi in sicurezza, infatti, non significa solo prevenire incidenti: significa preservare il valore aziendale, la fiducia del mercato e la reputazione del brand, elementi fondamentali per la sostenibilità del business nel lungo periodo.

 

Dalla conformità alla consapevolezza

Le recenti normative nazionali ed europee – come il DORA e la NIS2 – rappresentano un passo fondamentale verso una maggiore resilienza cyber e una più chiara attribuzione di responsabilità all’interno delle organizzazioni. Tuttavia, molte realtà continuano a tradurre questi obblighi in approcci prevalentemente tecnici, limitandosi a misurazioni basate su risk assessment operativi e requisiti di conformità, senza riuscire a trasferire il valore strategico della sicurezza al livello del board.

Si tende così a coinvolgere i vertici aziendali più per obbligo che per consapevolezza, attribuendo loro responsabilità, talvolta anche penali, ma senza fornire strumenti per comprendere il rischio in termini economici e di ROI. Il risultato è un dialogo spesso frammentato, in cui il linguaggio tecnico della cybersecurity non incontra quello del management e della finanza.

Pur riconoscendo l’importanza cruciale delle normative nel creare un quadro comune di riferimento, è necessario riconoscere che anche la regolamentazione stessa segue un percorso di maturità. Come le aziende, anche le norme devono evolvere: dal modello dell’imposizione al modello dell’engagement, capace di stimolare la crescita della consapevolezza e accelerare il miglioramento della postura di sicurezza.

Solo così il rispetto normativo potrà trasformarsi da semplice adempimento a motore di innovazione e responsabilità condivisa, favorendo un ecosistema in cui imprese e istituzioni crescono insieme nella gestione del rischio.

 

Conclusione: il Cyber Risk come leva strategica

La cybersecurity non è più un tema tecnico, ma una leva di governance e sostenibilità. Misurare il rischio con modelli come FAIR e indicatori come il ROSI permette di parlare la lingua del business e di valutare la sicurezza come un investimento, non come un costo. Le normative sono essenziali, ma devono evolvere da imposizione a strumento di engagement e crescita culturale.

Solo attraverso consapevolezza, misurazione e responsabilità condivisa la sicurezza potrà diventare un vantaggio competitivo e un fattore di valore per l’impresa.