Published On: Dicembre 17th, 2025
La Verità Sulla Sicurezza del Cloud: Quanto Sei Protetto Davvero?

Negli ultimi anni, il cloud computing si è imposto come pilastro dell’infrastruttura digitale per migliaia di aziende. Le piattaforme come AWS, Microsoft Azure e Google Cloud offrono flessibilità, scalabilità e prestazioni di alto livello. Tuttavia, esiste un’ambiguità pericolosa quando si parla di sicurezza cloud: molti credono che affidarsi a un provider significhi automaticamente essere protetti da ogni minaccia.

Questa convinzione, se non corretta, espone le aziende a rischi rilevanti. Le vulnerabilità cloud non sono sempre visibili, e la protezione offerta dai provider ha limiti ben precisi. Le PMI e le realtà tech-driven, in particolare, non possono permettersi di dare per scontata la sicurezza delle proprie risorse digitali. Comprendere cosa offre il provider e cosa invece richiede un’azione dedicata è il primo passo per evitare attacchi, perdite di dati e danni reputazionali.

In questo articolo analizzeremo le protezioni standard del cloud, smaschereremo alcuni luoghi comuni e capiremo perché la sicurezza cloud richiede una strategia personalizzata.

La Sicurezza Offerta dai Provider Cloud: Cosa Comprende Davvero

Standard di sicurezza di AWS, Azure e Google Cloud

I principali provider cloud globali — AWS, Microsoft Azure e Google Cloud Platform — investono ogni anno miliardi di dollari in infrastrutture sicure, certificazioni e aggiornamenti. Queste piattaforme offrono una protezione solida a livello di data center fisico, ridondanza dei dati, disaster recovery e crittografia dei dati in transito e a riposo. Le certificazioni come ISO 27001, SOC 2 e GDPR compliance rafforzano l’affidabilità percepita del servizio.

Questi strumenti costituiscono una base solida per la sicurezza cloud, ma è fondamentale comprendere che si tratta di misure infrastrutturali e generali. Non si spingono, infatti, fino a coprire configurazioni specifiche dei singoli ambienti o l’uso che ne fa ogni singola azienda. La protezione garantita è di tipo “base”, e funziona solo se integrata in una strategia completa.

Cosa coprono e cosa invece lasciano scoperto

La percezione che il cloud sia sicuro “di default” è una delle principali fonti di esposizione ai rischi per molte PMI. I provider garantiscono la sicurezza della piattaforma, ma non quella dei dati, delle applicazioni o degli utenti all’interno dell’ambiente cloud. In pratica, la responsabilità sulla configurazione, sulla gestione degli accessi e sulla protezione dei dati sensibili è totalmente a carico dell’azienda.

Questo significa che errori comuni come bucket S3 mal configurati, regole di firewall permissive o assenza di controllo sugli accessi privilegiati ricadono fuori dallo spettro di protezione del provider. Se non si interviene con soluzioni aggiuntive, le vulnerabilità restano aperte, pronte ad essere sfruttate da attori malevoli.

Le Vulnerabilità Nascoste Dietro il Cloud

Attacchi comuni e configurazioni errate

Nonostante le rassicurazioni fornite dai provider, le vulnerabilità cloud rappresentano una delle principali vie d’accesso per attacchi informatici di nuova generazione. Tra le minacce più frequenti si trovano il ransomware distribuito via servizi cloud mal configurati, il data exfiltration tramite API compromesse, e l’elevazione di privilegi attraverso accessi non controllati. In molti casi, le aziende colpite non avevano implementato misure minime di monitoraggio o segmentazione degli ambienti.

Uno dei rischi più sottovalutati è rappresentato dalle configurazioni errate, spesso dovute a mancanza di competenze interne o a un’eccessiva fiducia nella “sicurezza predefinita” del provider. Bastano pochi click sbagliati per esporre interi archivi di dati sensibili a internet pubblico, come dimostrato da numerosi casi di cronaca.

Perché la percezione di sicurezza può essere fuorviante

Il cloud viene spesso percepito come un luogo automaticamente sicuro, dove ogni dato è protetto per il solo fatto di essere “su AWS” o “in Azure”. Questa fiducia, però, è raramente giustificata da una comprensione reale dei meccanismi di protezione. Il rischio principale è l’illusione di controllo: si pensa che l’adozione di un grande provider equivalga all’adozione di una soluzione completa di sicurezza.

In realtà, questa mentalità espone le aziende a un pericolo concreto: la sottovalutazione del rischio. Una sicurezza percepita, ma non reale, può condurre a comportamenti negligenti, come la mancata rotazione delle credenziali, l’assenza di MFA o il mancato log delle attività critiche. Ed è proprio in questi vuoti operativi che si insinua l’attaccante.

Shared Responsibility Model: Un Paradigma Spesso Incompreso

Cos’è davvero e perché viene frainteso

Il concetto di Shared Responsibility Model — ovvero “modello di responsabilità condivisa” — è uno dei pilastri della sicurezza cloud, ma anche uno dei più mal compresi. In sintesi, i provider cloud come AWS, Azure e Google Cloud sono responsabili della sicurezza “del cloud” (hardware, infrastruttura fisica, rete), mentre il cliente è responsabile della sicurezza “nel cloud” (dati, identità, configurazioni, accessi).

Questo significa che la protezione degli asset digitali non è completamente demandata al provider. Spetta all’azienda garantire che ogni risorsa caricata nel cloud sia configurata, gestita e monitorata in modo corretto. Tuttavia, molte PMI ignorano questo principio o lo interpretano in modo parziale, pensando che basti affidarsi a un servizio certificato per essere “coperti” su tutti i fronti.

Le implicazioni per PMI e aziende tech-driven

Per le PMI e le aziende tech-oriented, spesso prive di un team interno dedicato alla cybersecurity, questo fraintendimento può essere fatale. Un ambiente cloud lasciato alla configurazione predefinita diventa terreno fertile per attacchi mirati e accessi non autorizzati. L’assenza di policy granulari, log di accesso, sistemi di alert e cloud hardening rappresenta una falla critica nella protezione complessiva.

In un contesto dove la continuità operativa e la fiducia dei clienti dipendono dalla solidità della sicurezza digitale, non comprendere fino in fondo le proprie responsabilità equivale a correre un rischio che nessuna azienda moderna può permettersi. La consapevolezza del proprio ruolo nella protezione del cloud è il primo passo verso una strategia solida e proattiva.

Perché Serve un’Architettura di Sicurezza Cloud Personalizzata

I limiti delle soluzioni “out-of-the-box”

Molti strumenti di sicurezza offerti direttamente dai provider cloud sono standardizzati: dashboard preconfigurate, policy generiche, regole firewall automatiche. Sebbene utili come punto di partenza, queste soluzioni “out-of-the-box” non tengono conto delle peculiarità di ogni ambiente aziendale. Ogni organizzazione ha specifiche esigenze, rischi, processi e livelli di esposizione che richiedono un’architettura di protezione su misura.

Affidarsi esclusivamente ai tool nativi del provider equivale a installare un sistema di allarme senza configurarlo: la tecnologia c’è, ma non svolge la funzione attesa. Le PMI e le aziende tech-driven, in particolare, necessitano di un approccio proattivo, che identifichi le aree critiche e le rafforzi con strumenti mirati e verificati.

L’importanza di assessment, hardening e threat detection

Per costruire una vera resilienza cloud, servono attività mirate e coordinate: un assessment completo della sicurezza cloud permette di identificare vulnerabilità latenti e debolezze di configurazione; il cloud hardening consente di ridurre la superficie d’attacco attraverso la definizione di regole più restrittive e sicure; infine, l’integrazione di soluzioni di threat detection consente di monitorare in tempo reale attività sospette o comportamenti anomali.

In questo contesto, affidarsi a un partner specializzato come Kōkishin significa passare da una sicurezza percepita a una sicurezza misurabile e operativa, costruita sulle specifiche esigenze dell’azienda. Solo così è possibile passare da una reattività passiva a una postura realmente difensiva, capace di anticipare le minacce prima ancora che si manifestino.

Conclusioni: Essere Protetti Non Significa Essere Invulnerabili

Il cloud ha rivoluzionato il modo in cui le aziende gestiscono dati e infrastrutture, offrendo vantaggi tangibili in termini di agilità e scalabilità. Ma la sua sicurezza non può essere data per scontata. Le soluzioni offerte dai provider rappresentano una solida base, ma non coprono l’intero spettro delle esigenze reali di una moderna organizzazione.

La vera protezione nel cloud si costruisce attraverso consapevolezza, controllo e personalizzazione. Ogni ambiente richiede una strategia mirata, basata su assessment oggettivi, strumenti proattivi e un monitoraggio continuo. Solo così è possibile trasformare il cloud da potenziale punto debole a pilastro della sicurezza aziendale.

Kōkishin supporta le imprese in questo percorso, offrendo servizi avanzati di sicurezza cloud pensati per chi non si accontenta di soluzioni standard. Perché in un contesto digitale sempre più minacciato, la differenza tra subire un attacco ed evitarlo è scritta nella strategia.