
Nei contesti della Digital Forensics e in generale della Cybersecurity se ne parla da molti anni… eppure, quando si entra nella pratica, la realtà è diversa: nella maggior parte delle organizzazioni, la catena di custodia non esiste o non viene applicata correttamente.
In alcuni casi perché sconosciuto, in altri perché inteso come mero adempimento burocratico: un foglio da compilare solo da “chi ne ha bisogno davvero”. Le conseguenze? Indagini digitali interne prive di un fondamento documentale solido. Decisioni disciplinari che diventano più fragili davanti a una contestazione. Evidenze digitali che rischiano di perdere completamente valore.
La Chain of Custody, invece, nasce proprio per tutelare l’operato di chi compie un’investigazione legittima e corretta.
Che cos’è la Chain of Custody
Il termine proviene dal mondo forense e indica l’insieme delle attività che consentono di documentare in modo tracciabile la gestione di un’evidenza:
- chi l’ha raccolta
- dove è stata conservata
- chi vi ha avuto accesso
- per quale ragione
Il concetto non riguarda solo le prove fisiche, ma anche naturalmente le evidenze digitali, che oggi rappresentano la maggior parte delle fonti di informazioni rilevanti: posta elettronica, documenti aziendali, messaggistica interna, accessi ai sistemi, log, contenuti presenti su dispositivi aziendali.
Un’evidenza digitale priva di un’adeguata catena di custodia rischia di essere considerata inattendibile, perché non è possibile garantire che non sia stata alterata.
https://www.nist.gov/document/sample-chain-custody-formdocx
Perché è fondamentale anche per un’azienda
La gestione delle evidenze digitali nel contesto di una investigazione HR non ha soltanto valore tecnico. Protegge la credibilità del processo, tutela i diritti delle persone coinvolte e riduce il rischio di contestazioni. In caso di contenzioso o di un coinvolgimento dell’autorità giudiziaria, la possibilità di dimostrare l’integrità dei dati diventa un fattore determinante.
Anche quando l’indagine informatica forense rimane in ambito interno, adottare procedure trasparenti e verificabili significa operare con professionalità e responsabilità.
Gli elementi fondamentali di una corretta gestione
Una Chain of Custody adeguata si basa su alcuni principi essenziali:
- identificazione chiara e circostanziata dell’evidenza sin dal momento della raccolta;
- registrazione completa di ogni trasferimento o attività che coinvolge l’evidenza;
- conservazione in ambienti controllati, fisici o digitali, con accessi limitati e monitorati;
- tracciabilità delle analisi svolte, degli strumenti impiegati e delle conclusioni raggiunte;
- definizione del momento di chiusura, con archiviazione, restituzione o distruzione documentata.
Questi passaggi permettono di affermare con rigorosa sicurezza che l’evidenza digitale è autentica e affidabile.
Le conseguenze di una gestione non adeguata
Se la catena di custodia non è rispettata, la solidità dell’intero impianto investigativo può venire meno. Le decisioni disciplinari risultano più vulnerabili ai ricorsi, l’azienda si espone a rischi legali ed economici e la fiducia nei processi interni ne risente.
La Chain of Custody rappresenta dunque un presidio concreto a tutela di tutti i soggetti coinvolti.
Un approccio strutturato al servizio della cultura aziendale
Rendere sistematiche queste pratiche significa rafforzare la maturità organizzativa dell’azienda, favorendo processi di indagine più trasparenti e fondati. La Chain of Custody non è solo una misura tecnica, ma un elemento culturale che riguarda etica, governance e tutela delle persone.
Per approfondire
La nostra esperienza ci ha portati a supportare diverse realtà nella definizione di procedure interne per la gestione delle evidenze digitali, facilitando la collaborazione tra HR, Legal, IT e Compliance. Conoscere e applicare correttamente la Chain of Custody significa essere preparati a gestire con efficacia situazioni critiche e delicate.
